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Gravidanza

Maternità obbligatoria, la legge in Italia e i diritti delle neomamme

Che diritti hanno in Italia le future mamme? Cosa vuol dire il termine maternità obbligatoria? Scopriamolo insieme su Bebeblog.

Uno dei primi termini tecnici quando si parla di lavoro e gravidanza è maternità obbligatoria. Un argomento di comune interesse per tutte le donne incinte nel terzo trimestre di gestazione. Ma quali diritti hanno in Italia e secondo la legge le future mamme e le neomamme? Chi tutela questi diritti e dove si deve fare richiesta per i contributi che spettano alla donna in dolce attesa?

Con congedo di maternità si indica il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che deve essere riconosciuto alla lavoratrice durante il periodo di gravidanza e puerperio, come scrive il sito ufficiale dell’INPS. Durante il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro la lavoratrice ha diritto ad un’indennità economica in sostituzione della normale retribuzione lavorativa. Il diritto al congedo di maternità obbligatoria ed alla relativa indennità spettano non solo alle future mamme naturali ma anche in caso di adozione o affidamento di minori.

A chi spettano i benefici per la maternità obbligatoria? Per quanto tempo?

Secondo la legge italiana la maternità obbligatoria è un diritto per:

  • lavoratrici dipendenti assicurate all’Inps anche per la maternità
  • apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo
  • disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni (art. 24 T.U.):
    il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro
    il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità di maternità sussiste a condizione che il congedo di maternità sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e che siano stati versati all’Inps 26 contributi settimanali negli ultimi due anni precedenti l’inizio del congedo stesso
    alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (art. 63 T.U.)
  • lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno
    26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso (art. 62 del T.U.)
  • lavoratrici a domicilio (art. 61 T.U.)
  • lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità di cui all’art. 65 del T.U.

Cosa comprende il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro?

    Prima del parto:

    i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo flessibilità) e il giorno del parto

    i periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale (per gravidanza a rischio) oppure dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili)

    Dopo il parto:

    i 3 mesi successivi al parto (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e la data effettiva. In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni compresi tra la data effettiva e la data presunta.

    i periodi di interdizione prorogata disposti dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio)

    in caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia

    In caso di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura ospedaliera, la lavoratrice può differire, in tutto o in parte, la fruizione del congedo di maternità post partum al momento dell’ingresso del neonato nella casa familiare, sempreché le condizioni di salute della lavoratrice stessa ne consentano il rientro a lavoro (sentenza Corte Costituzionale n. 116/2011).

Tutti i dettagli e i casi eccezionali li trovate facilmente nella sezione maternità del sito INPS.

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