Cronaca
Adottare un bambino in affido, una decisione difficile
L’affidamento di un minore è un fatto temporaneo, ma se vi chiedessero di adottarlo, cosa fareste?

L’affido non è l’adozione, cominciamo da questo concetto base. Quando accogliamo in famiglia un bambino in affidamento familiare, dobbiamo sapere che si tratta di una situazione temporanea (tralascio il discorso degli affidi sine-die), non solo. Anche noi, famiglia affidataria, ci mettiamo in gioco, con i nostri sentimenti, storie, speranze ed idee, perchè l’affidamento duri il minor tempo possibile, perchè l’obiettivo ultimo dell’affidamento è far tornare il bimbo a casa sua, con la propria famiglia. Quindi, se avete fatto domanda di adozione, e vi propongono un affido, sappiate che si tratta di due cose diverse, molto diverse.
La realtà è complessa, per cui non sempre il progetto di affido riesce, ha successo, e allora può capitare che il minore rimanga affidato ad una famiglia per tanto tempo, più dei due anni previsti dalla legge. Si tratta di una realtà, non so quanto voluta o subita, per cui il minore rimane in famiglia per anni, anche fino alla maggiore età. Per alcuni si tratta di una soluzione preferibile al rientro del bimbo in istituto (ovviamente nei casi in cui non è possibile il rientro in famiglia), per altri è il segnale che il progetto di affidamento è fallito, che c’è stato qualcosa che ha impedito il rientro del minore a casa.
E se lo adottaste? E se ad un certo punto dell’affidamento, i soggetti coinvolti nel progetto, realizzassero che non c’è possibilità di recuperare un ambiente familiare idoneo alla crescita del bambino? E se a quel punto qualcuno, l’assistente sociale ad esempio, vi proponesse di verificare con il giudice minorile la possibilità di trasformare l’affido in adozione? Cosa fareste?
Foto | Ernst Vikne.
Una scelta difficile, perchè noi abbiamo preso in casa quel bambino con la volontà di aiutarlo, mettendoci in gioco, noi e la nostra famiglia, per accogliere non solo un bambino in difficoltà, ma un intero nucleo familiare in difficoltà. Noi lo abbiamo voluto, abbiamo seguito i corsi, ci siamo fatti carico del bimbo, e qualche volta anche della mamma o del papà. Ma l’abbiamo fatto pensando ad un lieto fine; alla fine il bimbo torna a casa con la sua mamma, con il suo papà.
E se non c’è lieto fine?; ma il progetto di affido non da garanzie di lieto fine; qualche volta non c’è modo che il bimbo torni a casa sua. Che fare allora di Mario? Perché dopo che lo abbiamo portato dal dottore, a scuola, dagli assistenti sociali, dopo che per anni ha giocato con il nostro Andrea ol a nostra Anna, dopo che lo abbiamo consolato dalle sue paure, non è più un bambino, è Mario, il bambino, vero e reale, cui abbiamo imparato a voler bene, che abbiamo accudito al meglio delle nostre possibilità. Che fare allora di Mario?
Una scelta difficile, perchè se la nostra famiglia era pronta per l’affido, forse non lo è per l’adozione. Una scelta ancora più difficile se abbiamo già figli, perché anche se Mario ed Andrea si vogliono bene come fratelli, adottare significa allargare la famiglia in maniera definitiva, con conseguenze pratiche, reali sull’asse ereditario. Una decisione che può creare sconquassi e crisi di coscienza non da poco, che forse solo la professionalità e la sensibilità degli operatori sociali possono prevenire.