Cronaca
Allattamento al seno difficile e latte artificiale: l’esperienza di una mamma

Credo non ci siano dubbi sulla bontà dell’allattamento al seno. Già nei primissimi giorni rifornisce il nostro piccolo di anticorpi e sostanze nutritive fondamentali per lo sviluppo. Inoltre aiuta sia la mamma sia il bambino a recuperare quel legame che si è perso col parto. Si rimettono in contatto due corpi e due cuori.
Purtroppo l’allattamento al seno è anche molto faticoso, a volte doloroso o difficile: il bambino non vuole attaccarsi, il latte non sembra sufficiente, lo stress post partum è elevato. Dico il latte non sembra sufficiente perché spesso durante l’allattamento il seno sembra sgonfiarsi e il bambino aumenta la frequenza delle poppate. In realtà non è il latte che manca, ma una modificazione dello stesso, anche in quantità, per adeguarsi alla crescita del piccolo.
Molte mamme non lo sanno e passano al latte artificiale temendo di affamare il loro bambino. Mi sarei spaventata anche io se non avessi letto di queste modificazioni del latte nei manuali sullo sviluppo del bambino (vedi ad esempio il capitolo sull’allattamento nell’ottimo manuale di Penelope Leach).
Passiamo allo stress. Sono tutti così concentrati sul bambino da dimenticarsi della mamma. Persino la mamma si dimentica di sé, delle proprie necessità e della capacità che ha di comprendere in modo intuitivo cosa è meglio per il piccolo e per se stessa. Sono complici in questo anche le altre persone: parenti, medici, amici, che colpevolizzano facilmente le scelte dei genitori. Se una mamma si trova nelle condizioni di non poter allattare al seno, sì magari anche per il troppo stress, viene additata come una cattiva madre.
Nel mio caso, ad esempio, a parte i problemi dati dal cesareo, l’allattamento in sé funzionava, ma io soffrivo da tempo di attacchi di panico, peggiorati con la gravidanza. Avevo due scelte: continuare ad allattare o sospendere l’allattamento e prendere i farmaci che mi avrebbero fatto migliorare. Col senno di poi, sarebbe stato giusto allattare per tre/quattro mesi e poi cominciare a curarmi. Ma non è andata così: nessun medico con cui ho parlato, mio o della bambina, mi ha mai tranquillizzata sull’uso del latte artificiale. Nessuno mi ha mai detto: signora conta anche lei, si curi tranquillamente. Così, per senso di colpa, ho tirato avanti.
Se sono pentita? Sì. Sono ancora in terapia. Quei mesi in cui avrei potuto godere della maternità non me li ridarà nessuno. Con diversi consigli, mia figlia invece sarebbe cresciuta bene lo stesso e avrebbe avuto una madre felice accanto.
Credo che l’allattamento sia fondamentale, soprattutto quello al seno, ma credo anche che nell’epoca in cui viviamo si possano trovare soluzioni di buon senso per favorire il benessere sia della mamma che quello del bambino.
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