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Cronaca

Sindrome di Medea: cos’è e perché le madri possono uccidere i figli

La sindrome di Medea identifica le madri che uccidono i loro figli, e cerca di spiegare il meccanismo mentale che può portare ad un gesto così estremo e contro natura

La sindrome di Medea è forse meno nota di altre patologie della mente, ma è senza dubbio la più terribile. Identifica le madri che uccidono i figli, proprio come la mamma di Lecco che ha accoltellato a morte le sue tre bambine in preda ad un delirio distruttivo in cui ha cercato, invano, di coinvolgere se stessa.

Un annullamento che in genere parte da un abbandono (del marito, del padre delle creature verso cui si esercita la furia omicida materna), seguito da una depressione profonda.

Solitudine e totale perdita del senso della realtà, la sensazione che nulla abbia più un senso o un futuro, il terrore di non riuscire a crescere i propri figli, ma anche la volontà feroce e determinata di “punire” il traditore, il partner che ha preferito un’altra donna, costituiscono l’humus mentale da cui si origina il folle gesto. E’ complicata la mente umana, è un groviglio di sentimenti profondi e di pulsioni primordiali, di luci e di ombre, e anche l’amore materno non è sempre quel mare limpido di dedizione assoluta che fa parte di un certo immaginario collettivo stereotipato ed edulcorato.

Una mamma, è prima di tutto una donna, la quale può avare delle zone oscure nella sua psiche, delle turbe, delle ossessioni che possono finire per divorarla. Medea era la figlia della maga Circe (colei che trasformava gli uomini in porci, sedotta e sconfitta da Ulisse nell’Odissea), sposata all’eroe Giasone, quello del “vello d’oro” che proprio Medea aveva contributo a fargli conquistare.

Dopo tanti anni di matrimonio e la nascita di 2 figli, Giasone decide di ripudiare Medea per sposare la giovane e bella figlia del re Creonte. Medea, allora, eroina tragica e crudele, incarnazione della “strega“, perché possiede i segreti della arti magiche, medita una vendetta terribile. Ucciderà la giovane sposa prima che diventi tale, cucendole una abito di nozze intriso di veleno, e poi, ucciderà i suoi figli per privare Giasone della sua discendenza.

Medea compie il suo gesto con lucidità e premeditazione, ma naturalmente si tratta di una donna “letteraria”, partorita dal genio di Euripide. Nella realtà non tutte le mamme sono certo a rischio di diventare delle Medea. In genere la volontà omicida ritorta contro le proprie creature si manifesta in persone che siano già borderline, afflitte da gelosia patologica o da forme depressive-ossessive.

Talvolta, anche se amorevoli e affettuose, le mamme-Medea tendono a far coincidere i propri figli con un’estensione della loro persona, ovvero come parti di sé, della cui vita possono ancora disporre. Stiamo parlando di situazioni estreme, di grande disperazione, in cui la mamma si ritrova sola con i suoi fantasmi, con i suoi incubi e soprattutto con la sua rabbia, con il suo rancore verso l’uomo che l’ha abbandonata. Allora i figli possono davvero diventare uno strumento di vendetta, anche senza arrivare all’uccisione.

Ci sono segnali che possono far sospettare epiloghi tragici come quello dei Lecco? Non esattamente, ma chiunque sia lasciato solo in preda alla solitudine in un momento di grande depressione, a rischio di perdere contatto con la realtà, può diventare pericoloso per se stesso e per gli altri. Le separazioni per le donne sono spesso momenti drammatici, perciò dovrebbero sempre poter contare su una rete di protezione, anche familiare. Purtroppo, questo, non sempre accade.

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