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Cronaca

Mamme da legare: Giocattoli “insoliti”: quando le pinze per il bucato bastano a distrarli

Essendo la prima nipote da ambo i lati della famiglia, mia figlia è viziatissima dai nonni, e ha ricevuto una quantità imbarazzante di regali da quando è nata.

In ventuno mesi ho riempito già casa e garage, ho implorato, supplicato, intimato e minacciato: niente, i giochi hanno preso possesso dell’appartamento e del giardino. E, per fortuna, quando la bimba aveva 5 mesi abbiamo cambiato casa, altrimenti avremmo dovuto portare via dei mobili, perché prima vivevamo in 60 metri quadri. Con ciascuno dei giocattoli, fino a un anno e mezzo di età, ha giocato al massimo per 5 minuti consecutivi. Il primo gioco che l’ha tenuta impegnata per quasi 20 minuti consecutivi sono state delle pinze da bucato, al mare dai nonni.

Prendeva le pinze dal cestello, le portava su una sedia e da lì faceva il percorso inverso. E, mentre era così indaffarata, io guardavo sconsolata la quantità di nuovi giocattoli che avremmo dovuto stipare nell’auto al ritorno dalle vacanze. Tornati a casa, e presa dal sacro fuoco della mamma che impasta dolci, ho comprato delle formine in silicone per muffin. I muffin non li ha mai mangiati, costringendo il padre a sacrificarsi mangiandoli tutti per non gettarli. In compenso, ha iniziato a giocare con le formine, che esercitano su di lei un fascino irresistibile anche a distanza di mesi. I giocattoli ricevuti in estate, invece, continuavano a languire sul pavimento. Sì, perché l’unico contributo che generalmente forniscono allo sviluppo di mia figlia è insegnarle la forza di gravità: cosa succede e quanto rumore fanno i giocattoli se rovescio il cesto per terra? Quanti metri quadrati riesco a occupare con un solo lancio? Tutti.

Adesso si sono aggiunti i regali di Natale: ho riempito dei cartoni di vecchi (per così dire) giocattoli, e li ho stipati in garage dopo un complicato tetris mentale. Essendo una maniaca ossessivo compulsiva, sistemare qualsiasi cosa mi strema: certo, da quando è nata la bambina non riesco più a disinfettare alla perfezione ogni superficie, prima di ingombrarla nuovamente. Prendo il primo scatolone che capita e non metto più etichette tutte uguali e con l’esatto contenuto, né ho il tempo di classificare tutto per tipologia. Se da una parte ciò mi fa ben sperare per la mia salute mentale, dall’altra mi provoca lampi dolorosi al pensiero della catasta di scatoloni non archiviati correttamente. E anche un po’ di rabbia perché, mentre imballavo tutto, mia figlia non era troppo presa da ciò che stavo riponendo, bensì dal nastro adesivo che utilizzavo per chiudere gli scatoloni. Chili e chili di plastica e stoffa, quando tutto ciò che lei voleva era un rotolo di nastro adesivo.

Foto | Flickr

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